Crimea e Transnistria dopo la guerra d'agosto tra Georgia e Russia. Conflitti politici e nazionali nello spazio post sovietico, conversazione con Andrea Graziosi

17/11/2008 -  Massimiliano Di Pasquale

Professore di Storia contemporanea all'Università di Napoli "Federico II", già docente di Storia sovietica alle Università di Yale e Harvard, Andrea Graziosi ha recentemente pubblicato per i tipi del Mulino "L'Urss dal trionfo al degrado. Storia dell'Unione Sovietica (1945-1991)", un saggio che ricostruisce 50 anni di storia sovietica

Professor Graziosi, negli ultimi tempi la guerra in Georgia, le tensioni tra Russia e Ucraina e quelle legate allo scudo antimissilistico hanno indotto alcuni osservatori a parlare di nuova Guerra Fredda. È una definizione corretta?

È assolutamente improprio parlare di Guerra Fredda.

Perché?

Innanzitutto perché non c'è più l'Unione Sovietica e la Russia è un paese munito sì di bombe atomiche, ma con una crisi demografica spaventosa e che si regge essenzialmente sul petrolio. L'America poi non è quella del '45. Nel '45 infine la Cina non contava molto. Adesso ci sono la Cina, l'India, l'Unione Europea. Certo, assistiamo al riemergere della Russia che, grazie al petrolio, riafferma le sue scelte di potenza regionale. E gli americani, che però hanno tanti altri problemi, cercano di contenerli. La Guerra Fredda era una cosa vera, qui c'è qualche scontro verbale ogni tanto, con un'Europa in gran parte acquiescente rispetto a questo riaffermarsi di potenza regionale della Russia.

Qual è stato il ruolo dei paesi Baltici, con le rivolte del 1988, nell'esportare le "rivoluzioni nazionali" in Caucaso e in Ucraina?

Il ruolo dei Baltici fu enorme, ma più in generale il ruolo della questione nazionale nell'accelerare la crisi dell'Unione Sovietica fu all'inizio secondario. L'Unione Sovietica è andata in crisi perché il sistema socio-economico non funzionava più. Gli uomini morivano a 63 anni, si viveva malissimo, non c'erano soldi, mancavano i beni da comprare. Era talmente in crisi che tutto il gruppo dirigente, compreso forse l'ultimo Breznev, era rassegnato a riforme radicali. Gli stessi golpisti del '91 erano tutti "riformisti" nell'85. Quindi il problema nazionale con la crisi dell'Unione Sovietica c'entra poco.

Tornando alla domanda originaria direi che il ruolo dei Baltici è stato davvero grande. Dal momento che lettoni, estoni e lituani erano stati gli ultimi ad essere conquistati erano quelli che avevano più attriti con Mosca. Esiste questa teoria generazionale del consenso per cui quelli repressi più di recente sono quelli che più odiano l'Unione Sovietica. Quando sono stati repressi gli ucraini e i russi? Negli anni '20 e '30, quindi la generazione che aveva 20-30 anni in quegli anni era molto anti-regime, mentre quella che aveva 20-30 negli anni dopo la seconda guerra mondiale, no. Nel Baltico la repressione è degli anni '40 e '50 per cui i repressi negli anni '80 erano ancora attivi.
Diciamo quindi pure che l'onda baltica ha messo in moto tutte le onde nazionali. Però ci sono stati problemi seri in Asia Centrale: la prima rottura delle nazionalità è quella di Almaty del dicembre 1986 in Kazakhstan.

Diversi paesi dell'area ex-sovietica, sembrano piuttosto impermeabili alla nascita di un percorso democratico. Quali sono a suo avviso le ragioni storiche di modelli di sviluppo così diversi?

Sono questioni molto complesse, ma qualche comparazione la si può fare. In Bielorussia, che è più piccola dell'Ucraina, l'opera di russificazione è stata molto più penetrante. La Bielorussia è molto più debole, il movimento nazionale bielorusso c'è stato durante la guerra civile, in tutti i momenti di crisi, ma non ha giocato un ruolo neanche lontanamente simile a quello ucraino. Da questo punto di vista esisteva una differenza molto forte tra i due paesi. Ad un certo punto l'Unione Sovietica ha scelto la russificazione lenta delle repubbliche slave perché quella aggressiva non le riusciva. In Bielorussia questa strategia ha avuto più successo che in Ucraina perché il paese era più piccolo, la tradizione culturale nazionale più debole. Il fatto che poi in Ucraina si sia sviluppato un forte movimento democratico è sicuramente dovuto ad una forte componente nazionale e culturale, diversa da quella russa. L'Ucraina è un'entità molto più ricca, più grande e complessa rispetto alle altre repubbliche.

La Georgia è stato il paese più anti-russo dell'Unione Sovietica. Ha avuto una repubblica indipendente socialdemocratica per 4 anni, dal '17 fino alla conquista sovietica del '21, mentre l'Ucraina solo per qualche mese nel 1918-19. La più grande rivolta nazionale nella storia dell'Unione Sovietica è quella del '24 in Georgia, fatta dai resti dello stato georgiano menscevico. La prima rivolta nazionale vera, che paradossalmente usa la figura di Stalin, è quella georgiana del '56 dopo il 20° congresso. Il nazionalismo georgiano è una cosa vera, grande, ed è tradizionalmente anti-russo. Finché comandava Stalin, siccome il gruppo dirigente sovietico era caucasico, queste tendenze sono state tenute a freno.

L'Azerbaijan è una repubblica con una tradizione musulmana fortissima. Georgiani e armeni hanno avuto grandi conflitti, ma nulla di paragonabile a quelli ancora esistenti tra azeri e armeni. Da un certo punto di vista la strage di Sumgajt, cittadina a nord di Baku nel febbraio 1988 - un pogrom antiarmeno da parte degli azeri - è quella che mise in moto i movimenti nazionali in URSS. L'incapacità di usare la forza da parte di Gorbaciov convinse un po' tutti che c'era spazio per queste rivendicazioni. Ad Almaty la forza era stata usata seppure in maniera limitata. Il pogrom antiarmeno in cui l'esercito non intervenne dimostrò l'impotenza di Mosca e fece capire che ci si poteva muovere. Baku in quegli anni fu occupata da folle che inneggiavano a Khomeini. L'Azerbaijan, ancorché più avanzato, è più simile alle repubbliche centro-asiatiche.

Dopo il conflitto in Caucaso si è parlato di Crimea, Abkhazia, Ossezia e Transnistria come di possibili teste di ponte per future annessioni alla Federazione russa. Sono realtà assimilabili a suo avviso?

Sono realtà molto diverse. In Abkhazia e Ossezia del Sud il conflitto con i georgiani percorre tutto il ventesimo secolo. I georgiani repressi, quelli della famosa manifestazione dell'89, chiedevano l'indipendenza a Mosca ma non volevano concedere l'indipendenza agli abkhazi. C'è una grande differenza anche tra Abkhazia e Ossezia. In Ossezia meridionale c'è stata violenza anche molto pesante, ma niente di paragonabile a quella brutale contro i georgiani in Abhkazia nel '91. Lì ci sono stati massacri molto simili a quelli successi nell'ex Jugoslavia. Il bilancio fu, pare, di 30.000 georgiani uccisi e di 300.000 costretti a lasciare la regione. Venendo alla Crimea, quella non è un'enclave e qualcosa di più grande. Storicamente è la terra dei tatari, poi cacciati dai russi, che oggi sono la maggioranza. Il problema è che questi confini, stabiliti nel 1991, sono confini minati, e sarebbe molto opportuno che ci fosse una conferenza internazionale per discuterne. Nessuno vuole toccare i confini, per paura di scatenare una guerra, però se nessuno ne parla la guerra scoppia lo stesso.
Nel caso della Transnistria si può parlare di una vera e propria enclave russa. Quella di Crimea è troppo grande per definirla tale. Quando muore, seppure pacificamente, un impero, si creano queste situazioni.
Le grandi repubbliche non si sono fatte la guerra, si sono riconosciute, hanno fatto un divorzio consensuale. Anche il Kazakhstan settentrionale è abitato da russi. Lì ci sono regioni intere che potrebbero chiedere l'annessione alla Russia. Per questo il presidente kazako Nazarbayev ha sempre fatto politiche accomodanti verso il Cremlino. Lo ha fatto per non mettere a rischio l'integrità territoriale del suo paese.

La Transnistria può minare la sicurezza e l'integrità della Moldova?

La questione è complicata ma diversa da quella di Abkhazia e Ossezia meridionale, visto che la Transnistria non ha confini diretti con la Russia. Sicuramente i moldavi non possono intervenire per riannettersi Tiraspol, perché l'enclave è protetta dalla Russia. Allo stesso tempo, dal momento che la Transnistria non confina direttamente con la Federazione, è difficile pensare ad una sua annessione anche nell'eventualità di un ritorno della Crimea sotto l'egida di Mosca. Il discorso più generale è che i materiali per i conflitti ci sono e sono molto grandi. Ma l'atteggiamento europeo di ignorare questi problemi è deleterio.

Se a Bucarest lo scorso aprile si fosse deciso l'ingresso di Georgia e Ucraina nella NATO, sicuramente il conflitto in Ossezia non sarebbe scoppiato. Io sarei addirittura a favore dell'ingresso nella NATO anche della Russia, anche se oramai sarebbe difficile anche per un suo rifiuto. Non capisco perché la Russia debba essere trattata come una potenza ostile. La Russia è un paese europeo. Reagan e Bush senior fecero una politica filorussa che è stata di grande beneficio agli ucraini e a tutti gli europei orientali. Bisogna fare capire ai russi che l'espansione della NATO conviene anche a loro in ottica geopolitica visto l'emergere della potenza cinese.


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