Negli ultimi mesi molto si è parlato del nuovo attivismo della Turchia nel Medioriente. La Repubblica di Atatürk se ne era tenuta ben lontana. Ora non è più così. Una tesi di laurea

25/03/2009 -  Anonymous User

Di Silvia Pagliacci

In questi ultimi mesi l'allontanamento dalle tradizionali direttrici di poliitica estera, ha portato la Turchia a far parlare di sè in relazione al suo nuovo attivismo nella regione mediorientale e alle sue prese di posizione nei confronti di Israele.

Il ricordo del passato ottomano ha portato il sistema politico turco a mettere l'accento su due aspetti fondamentali: integrità territoriale - con un'attenzione speciale alla questione dei confini e al rifiuto di qualsiasi concessione alle minoranze - e parallelamente laicità dello stato. Queste apprensioni hanno contribuito a modellare la politica estera secondo delle linee predefinite, orientate al mantenimento dello status quo a fatica ottenuto, e al non-coinvolgimento nei conflitti, specie in quelli medio-orientali. In questo contesto le scelte di politica estera sono diventate un banco di prova per valutare il grado di affidabilità di un governo rispetto a queste fondamentali prerogative della Cumuhriyet.

Sicuramente la gestione della politica estera ha subito degli importanti passi in avanti rispetto all'impostazione tradizionale e lentamente, le contingenze hanno portato la Turchia verso un sempre maggiore coinvolgimento in quegli affari mediorientali da cui Atatürk si era tenuto lontano.

Dal 1923 la neonata Repubblica di Turchia subisce una serie di trasformazioni nel tentativo di costruire una nuova identità nazionale in totale rottura con il passato e di dare vita ad una nazione compatta, laica, monoetnica. L'anticomunismo, la presenza nella Nato e nel Consiglio d'Europa, la partnership con gli USA sono il motore di determinate scelte nel momento in cui le relazioni sono plasmate dalla logica bipolare. Anche le relazioni con il Medio Oriente vanno lette in quest'ottica.

Con la fine della guerra fredda la situazione cambia. È in questo periodo che, sempre più autonome, le scelte turche nei confronti del Medio Oriente assumono una connotazione prevalentemente di carattere regionale. Così, nel corso degli anni Novanta, si delineano chiaramente le direttrici che plasmano le relazioni tra Turchia, Iraq e Siria: la questione curda, la questione dell'acqua e gli interessi americani nel Medio Oriente.

Un passaggio fondamentale è rappresentato dalla guerra del Golfo, in quanto ha innestato una nuova stagione di iniziative volte a rafforzare la posizione turca nello scacchiere mediorientale. Saranno proprio le le conseguenze della guerra del Golfo, soprattutto per quello che concerne l'Iraq del Nord, a rendere inevitabile, all'interno della Repubblica di Turchia, una riflessione più approfondita su quello che è il difficile problema curdo.

Nell' analisi, il punto di arrivo di queste dinamiche è rappresentato dalla decisione del primo marzo 2003, quando la Grande Assemblea Nazionale turca ha rifiutato un decreto del governo che prevedeva lo stanziamento di truppe americane sul suolo turco: una presa di distanza dall'alleato americano che sembra aver trovato altri interlocutori con cui dialogare.


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