Una tesi di laurea sul concetto di ''resilienza'' legata alla fede religiosa nella pedagogia dei paesi della ex Jugoslavia. Riceviamo e volentieri pubblichiamo

10/02/2010 -  Rosalba Cancelliere

La tesi nasce dall'interesse pedagogico verso i paesi balcanici, investiti da un conflitto interetnico, in relazione alla formazione educativa durante e dopo il conflitto. Dalla ricerca è emerso lo studio di una metodologia di aiuto, applicata durante e dopo la guerra da unità di ricerca pedagogica a Bologna, che si rifà al concetto di resilienza, termine preso in prestito dall'edilizia. La resilienza è la ''Capacità di un materiale di resistere agli urti improvvisi senza spezzarsi'', (dal vocabolario Zingarelli, Zanichelli, Milano, 1995); utilizzato all'interno delle scienze umane, indica una condizione innata nell'individuo, per la quale lo stesso è portato a reagire in modo creativo e costruttivo al verificarsi di un evento traumatico.

Chi scrive ha organizzato il suo lavoro in previsione di una concreta ricerca all'interno del territorio della Bosnia-Erzegovina, nella città di Sarajevo. Ricerca che si è concretizzata nel periodo dal 10 gennaio al 10 febbraio 2004.

Il primo capitolo indica il percorso ideologico base della pedagogia nei paesi dell'Est. L'obiettivo è conoscerne l'impianto politico e culturale di riferimento. E’ descritta l'applicazione del pensiero pedagogico marxista in Europa, nell'opera di studiosi sovietici ed italiani. Infine un paragrafo è dedicato alla critica della pedagogia marxista, alla sua crisi e ad alla possibilità di raccoglierne l'eredità. Si è voluta ricordare l'esperienza di Danilo Dolci nel territorio jugoslavo del 1963, la sua attività di pianificazione successivamente adottata con successo in Jugoslavia.

Il secondo capitolo tratterà brevemente gli ultimi cinquant'anni della storia jugoslava, partendo dalla Seconda Repubblica. L'obiettivo è quello di evidenziare le potenzialità di costruzione identitaria promosse dal regime titoista ed i limiti di questa politica, emersi chiaramente dopo la morte di Tito e con l’emergere del nazionalismo nelle diverse aree del territorio, fino a quel momento soffocato dalla forte personalità del regime.

La seconda parte è dedicata alla ricerca sul territorio. L’ultimo capitolo tratta il tema della resilienza e l'attività della Cooperazione Internazionale. L'approfondimento del concetto di resilienza avviene all'interno delle possibili condizioni di vulnerabilità (handicap, trauma, professione religiosa). La professione religiosa è indicata come condizione di vulnerabilità in quanto oggetto del conflitto.

L'attività di ricerca sul territorio, operata da chi scrive, ha indagato la possibile relazione tra la capacità resiliente e la fede religiosa, con la conseguente descrizione dei risultati.

Nel secondo paragrafo si parla della ricostruzione legata alla presenza di organizzazioni internazionali dediti ad attività di cooperazione. Una parte importante sarà dedicata alla descrizione dei limiti di queste attività, dati dalla mancanza di interazione tra le ONG presenti sul territorio, soprattutto quelle internazionali. Un'alternativa indicata sarà quella della Cooperazione allo sviluppo, cioè la possibilità di creare un modus vivendi che renda dinamica la relazione tra la popolazione e le ONG. Queste ultime devono affrontare una realtà in continuo mutamento, allo stesso tempo affrontarsi, per imparare il modo migliore per accompagnare i cambiamenti nella direzione di un'autentica responsabilizzazione dell'individuo, soprattutto dei giovani.


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