L'emergenza rifugiati in Macedonia si è ormai calmierata. Gran parte dei rifugiati scappati dal Kossovo hanno fatto ritorno a casa ed il conflitto del 2001, tra il governo macedone e la comunità albanese, si è da tempo concluso. Rimangono però alcuni problemi. Gli sfollati interni sono uno di questi. Poi vi sono le inadeguatezze delle procedure per l'asilo e le scarse condizioni in cui vengono ospitati i richiedenti asilo

09/09/2004 -  Barbara Sartori

Fonte principale delle informazioni il sito di US Committee for Refugees, che ha recentemente pubblicato un rapporto sulla situazione di rifugiati, sfollati e richiedenti asilo nei diversi Paesi del mondo.

Alla fine del 2002 la Macedonia stava ancora affrontando le conseguenze del conflitto dell'anno precedente: 8.500 sfollati interni ed inoltre 5.000 macedoni che durante l'anno hanno abbandonato lo Stato per cercare asilo all'estero, la maggior parte dei quali in Svizzera ed Austria.
Il 2002 si è chiuso inoltre con 750 macedoni ancora in Kossovo e 100 nel sud della Serbia. Gran parte appartenevano alla comunità etnica albanese ed alcuni a quella Rom. Gli atti discriminatori e la violenza di cui quest'ultima è spesso bersaglio in Macedonia agiscono come deterrente ad un loro ritorno.

Durante il 2002 la Macedonia ha ospitato circa 2.700 tra rifugiati e richiedenti asilo. Quasi tutti erano RAE (Rom, ashkali e egiziani) provenienti dal Kossovo, o per meglio dire scappati dal Kossovo nel '99 ed a cui il governo macedone ha garantito uno status di protezione temporanea.

Godere della protezione temporanea comportava, secondo la legislazione macedone, alcune restrizioni: non poter lavorare e perciò dipendere dall'assistenza umanitaria internazionale; non poter presentare domanda d'asilo; e vedere il proprio status di protezione temporanea revisionato ogni 6 mesi.

Durante il 2002, l'US Committee for Refugees ha incluso i RAE provenienti dal Kossovo e che godevano dello status di protezione temporanea in Macedonia tra i rifugiati ed i richiedenti asilo che necessitavano di protezione. Non potevano fare ritorno alle proprie case, essendo a rischio di persecuzione etnica, ma non potevano nemmeno richiedere asilo, dato che il dettato della protezione temporanea non lo prevedeva.

Sempre nel 2002, ma questa volta l'UN High Commissioner for Refugees (UNHCR), ha incluso 30 bosniaci, scappati in Macedonia dalla guerra civile in Bosnia, nella lista dei rifugiati e richiedenti asilo maggiormente vulnerabili e per questo bisognosi di protezione. Non godevano di nessun status legale in Macedonia ed anche se avrebbero potuto fare richiesta d'asilo ciò non appariva come un'opzione proponibile a causa delle inadeguatezze del processo per l'asilo.

Durante l'anno l'UNHCR ha facilitato il trasferimento dalla Macedonia di 230 rifugiati in Paesi terzi, soprattutto verso gli Stati Uniti. Si è poi mosso nel Paese facilitando il rimpatrio di 260 kossovari, 80 in Kossovo e 180 nel sud della Serbia.
Ha inoltre "denunciato" nei suoi rapporti le inadeguatezze delle procedure per l'asilo: scarsa formazione dei funzionari atti ha giudicare in appello; poche interviste ed analisi compiute da coloro che giudicano nella prima fase del giudizio; ed insufficiente importanza data ai principi protettivi.

Fino al 2003, quando è stata adottata una specifica legislazione sui rifugiati (il progetto di legge aspettava di essere approvato dal 1998), il trattamento delle domande d'asilo era totalmente regolato dalla legge sugli stranieri, che non garantiva nessun tipo di protezione per coloro a cui veniva negato l'asilo.

Come secondo la legge sugli stranieri, i rifugiati nel 2002 hanno ricevuto una carta d'identità ed hanno potuto godere di benefici medici e di altri vantaggi come coloro che hanno la residenza permanente. Tale legge prevede che la durata della residenza dipenda dall'età dei rifugiati: più aumenta l'età più aumenta il periodo di residenza. Per coloro che hanno più di 50 anni è prevista la residenza permanente.
I rifugiati devono trovare per conto proprio una sistemazione. Tuttavia, se vogliono, possono risiedere nei centri collettivi che ospitano i richiedenti asilo. Le condizioni di vita in tali centri, come nelle famiglie ospitanti, sono però alquanto scarse.

Le richieste d'asilo sono valutate dal Ministro degli Interni. Sono previsti sia l'appello amministrativo che quello giudiziario. Tuttavia le corti sono abbastanza riluttanti a ribaltare le decisioni iniziali.
In appello il richiedente asilo non è ascoltato. Inoltre, il funzionario che decide in prima istanza partecipa alla commissione dell'appello amministrativo che decide dell'appello. Alla Corte Suprema aspetta l'ultimo livello dell'appello.

Nel 2002 la Macedonia ha confermato il suo impegno sul fronte rifugiati stipulando alcuni accordi di riammissione: con la Repubblica Slovacca, con la Bulgaria e con la Croazia. Questi ultimi due alla fine dell'anno non erano implementati, come rimaneva firmato e non ratificato quello con la Germania.

La questione dei rifugiati e di una loro adeguata protezione è solo uno dei diversi problemi che il governo multi-etnico macedone deve affrontare.
Vi è poi quello del persistere di forme di violenze inter-etnica ed inoltre il problema degli emigranti economici che attraversano illegalmente la Macedonia per dirigersi in altri Paesi in cerca di fortuna. Spesso vittime del traffico illegale di esseri umani.

Un altro problema, e non da poco, è quello di gestire gli strascichi di una vicenda drammatica: il massacro ordinato dagli alti ranghi governativi di sette pachistani ed indiani per ottenere il consenso della comunità internazionale. Sette emigranti economici uccisi e presentati poi come terroristi al fine di mostrare l'impegno della Macedonia contro il terrorismo.

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