Croazia, matrimonio ortodosso

2 dicembre 2013

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In Croazia, con un'affluenza del 38%, è passato il voto a favore della definizione del matrimonio come unione tra uomo e donna.

Domenica 1° dicembre in Croazia il 65,87% (946.433 elettori) ha votato a favore, mentre il 33,51% (481.534 elettori) ha votato contro al referendum proposto dall’iniziativa civica “Nel nome della famiglia” con il quale si chiedeva che il matrimonio fosse un’istituzione riguardante solo coppie etero, quindi un’unione tra uomo e donna.

“Il 25% dei cittadini croati  ha deciso cos’è il matrimonio”, titola il quotidiano Jutarnji list. Dei 3.791.000 di cittadini che hanno diritto di voto al referendum si sono presentati 1.436.885. La percentuale di affluenza è stata quindi di solo il 37,90%. In Croazia non è previsto infatti alcun quorum per questo tipo di referendum. È sufficiente la raccolta di firme di almeno il 10% degli elettori. L'iniziativa civica "In nome della famiglia" aveva raccolto circa 750.000 firme. Di tutta la Croazia, solo due contee (Istriana e Primorsko-goranska) hanno votato in maggioranza contro il quesito referendario.

Secondo le dichiarazioni del premier Zoran Milanović questo sarà l’ultimo referendum in cui la maggioranza decide sui diritti delle minoranze. Oggi stesso il premier croato ha annunciato emendamenti legislativi e costituzionali grazie ai quali in futuro questo tipo di decisioni sarà reso impossibile. Gli fa eco il presidente della Repubblica Ivo Josipović, incalzato dai giornalisti che chiedono cosa accadrà col prossimo referendum in preparazione, quello sull’uso delle lingue e alfabeti delle minoranze che sta organizzando la Sede dei difensori di Vukovar (per impedire l’uso del cirillico in quella città). Josipović, per niente sorpreso dall’esito referendario, precisa che: ogni referendum che fosse rivolto a diminuire i diritti delle minoranze non sarà accettato”.

Se da un lato l’iniziativa civica “Nel nome della famiglia” festeggia la vittoria al referendum, dall’altro c’è chi come l’associazione Zagreb Pride, che lotta per la difesa dei diritti delle minoranze sessuali, ribadisce che il referendum non ha cambiato nulla, eccetto il fatto di aver creato un’atmosfera di profonda divisione nei cittadini croati, dividendoli in “normali” e “anormali”, aumentando il livello di omofobia nel paese.


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