"I fantasmi di Van" - Uomini dopo il terremoto

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Van, 9 novembre 2011. Dopo il terremoto, la neve. Come se la natura, pentita di tanta distruzione, volesse stendere sulle macerie un velo bianco. Mentre agli uomini non resta che sperare in un inverno mite. Foto e testi - Paolo Martino

Una città in bilico
Dopo le scosse, su Van scende un silenzio nuovo, in cui si muovono ombre silenziose.
Ce la faremo
“Rifaremo tutto da capo, più bello di prima.” Ma una nuova scossa cambia subito l'umore.
Parole e silenzi
Telefonare a chi è lontano per raccontare quello che è sotto gli occhi. Cercare di spiegare qualcosa che non si è ancora capito.
Dio è grande
Sui cappotti, stretti uno accanto all'altro, si prega dove fino a ieri si passeggiava.
Si torna a casa
Estratti i corpi dei morti, i pompieri non hanno più niente da fare. Lasciano la città ai fantasmi dei vivi.
Inverno
Rassegnazione e silenzio. Un inverno da passare in tenda non richiede commenti.
Si spengono le luci
"Vado a casa, non dormo da tre giorni." La partenza dei soccorritori porterà con sé anche l'attenzione per il destino di Van.
Macerie da contemplare
Dalle macerie si estrae quello che serve. Il resto, non esiste più.
Un risveglio amaro
Davanti alle ruspe che scavano l'anima della città si sorseggia un tè amaro.
Senza parole
Senza parole.
Di notte
Di notte, nella tormenta, tutto si divide in due categorie: quello che si può bruciare, quello che non brucia.
Lontano da Van
Un imam curdo non ha più una moschea in cui pregare. Si arrampica sulla fortezza di Van, da lì il terremoto sembra più distante.
Fango
Meglio nel fango che sotto le tettoie. Anche camminare in strada è una sfida, quando le case pericolanti sono bombe a orologeria.
Benvenuto!
Le tende diventano l'unico luogo sicuro, anche per i migranti afghani in transito in città.
Addio
Qualcuno preferisce sparire nella tormenta di neve e di malinconia.