Riportiamo l'introduzione di Fabrizio Rasera al cofanetto DVD « Qui e Altrove ». Le lontananze forzate o volontarie. Le suggestioni che promanano i volti, le storie, i modi di raccontarle in una lingua che non è la stessa appresa nell'infanzia
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10/08/2009 -  Anonymous User

Di Fabrizio Rasera

I viaggi, le lontananze forzate o volontarie, le migrazioni sono possenti generatori di
racconti. Prima ancora, di scrittura: le lettere di soldati, prigionieri, profughi, emigranti hanno costituito, nei secoli recenti, un sottile e tenacissimo nesso tra membri di famiglie lacerate, tra parti di comunità separate dagli eventi. Diari e autobiografie scaturiscono spesso dall'esperienza della separazione dal luogo d'origine. Il canto popolare ha tra i temi ricorrenti la partenza amara e il sentimento
del ritorno, la nostalgia.

Questa antologia di narrazioni ha però un'origine e una direzione diverse. Il destinatario non è altrove, ma qui, nella nuova comunità della quale chi racconta è entrato (temporaneamente o stabilmente) a far parte. I racconti di vita raccolti sono un contributo sollecitato e generosamente corrisposto per far fronte al bisogno di una memoria collettiva ricca, plurale, aperta.

Stiamo facendo un uso sempre più frequente della parola memoria. Reagiamo così, probabilmente, alla percezione del mutamento profondo dei riferimenti spaziali, temporali, ideali che concorrono alla definizione di un'identità. Chi siamo noi? Cosa significa parlare di un nostro passato, di una nostra tradizione, di una nostra storia, nell'Europa, nell'Italia, nel Trentino di oggi?

Il Progetto Memoria promosso dalla Provincia di Trento negli ultimi anni non può non incrociare questi interrogativi. Esso è rivolto a valorizzare il patrimonio culturale dell'esperienza collettiva, il giacimento prezioso di storie personali che lo costituisce e che occorre saper scoprire, salvaguardare, interpretare. Le potenzialità di un progetto come questo sono inesauribili, se lo si prende sul serio. I rischi impliciti (ripiegare su una concezione del passato depurata dai conflitti sociali, culturali,
ideologici; inclinare ad una definizione riduttiva di quel noi e di quel nostro...) non
possono essere evitati con gli esorcismi, ma solo mettendo in gioco consapevolezza critica e sensibilità adeguate.

Il percorso qui documentato indica, ci pare, la fecondità e la necessità di una direzione di lavoro. I montaggi di interviste proposti, il più vasto materiale girato costituiscono uno stimolo a ulteriori raccolte, che sarebbe bello assumessero il carattere di un progetto sistematico, sorretto da una metodologia scientifica
di necessità interdisciplinare. Intanto però possiamo fruire del piacere dei testi audiovisivi che ci vengono consegnati e apprezzare le suggestioni che promanano da questi volti, da queste storie, da questi modi di raccontarle in una lingua che non è la stessa appresa nell'infanzia.

È impossibile non avvertirne lo spessore. Ascoltando questi racconti riconosciamo qualcosa che ci riguarda, non solo come destinatari. Scrive, in una pagina molto bella, il sociologo Paolo Jedlowski: "Nel palazzo labirintico di tutte le storie del mondo ci inoltriamo cercando infine le parole e i racconti che esprimano la nostra realtà. I racconti sono come un fiume a cui ci abbeveriamo: ma qualcosa di noi è
fatto della medesima acqua".


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