Marta Chioccarello 27 maggio 2015

A Bruxelles ad inizi maggio una conferenza che ha visto riunirsi i giornalisti investigativi di tutta Europa. E dove è stato lanciato l'ECPMF, un centro a tutela della libertà dei media nel continente

Si dice che l'unione faccia la forza, ed è così che anche nel mondo del giornalismo si cerca una sempre maggiore collaborazione. Per questo motivo, tra l'8 e il 10 maggio scorsi Bruxelles ha accolto l'annuale conferenza dedicata al giornalismo d'inchiesta, organizzata da Journalismfund.eu. Arrivata alla sua quinta edizione, “DataHarvest” ha riunito quasi 300 partecipanti e 75 relatori provenienti da oltre 30 paesi, che sono intervenuti per condividere esperienze, progetti e competenze.

Filo conduttore dell'intera conferenza è stato il cross-border journalism,un giornalismo senza confini, importante perché “c'è bisogno di scrivere storie che abbiano un impatto globale”, ha introdotto Marina Walker, vice-direttore del Consorzio Internazionale dei giornalisti d'inchiesta Investigative Journalists (ICIJ). Il suo messaggio ha voluto essere un invito al superamento di un giornalismo di “lupi solitari”, in favore di un lavoro di squadra che possa permettere di oltrepassare le barriere, non per ultime quelle rappresentate dai confini dei singoli stati.

Il cross-border journalism presenta degli indubbi vantaggi tra cui l'amplificazione e l'intensificazione della raccolta di informazioni, il miglioramento del processo di analisi e la possibilità di diffusione dei risultati. Questo lavoro di squadra si rivela quindi uno strumento potente, dinamico ed efficace per svelare storie e scandali a livello nazionale e globale.

Prova tangibile dei risultati che si possono raggiungere attraverso la cooperazione sono state, ad esempio, le inchieste sul sistema internazionale di frode fiscale “LuxLeaks” e “SwissLeaks”. Quest'ultima ha visto coinvolti 175 giornalisti provenienti da 56 paesi e 65 piattaforme di informazione, che hanno permesso di pubblicare 400 casi di accordi bancari svizzeri in 15 lingue.

Non sono mancati i riferimenti alla lotta alla corruzione, uno dei temi che più impegnano i giornalisti d’inchiesta. A questo proposito sono intervenuti vari giornalisti e team di lavoro per raccontare come hanno svolto il loro ruolo di “cane da guardia”, attenti osservatori della realtà pronti a farsi sentire di fronte a situazioni di irregolarità.

Tra le inchieste presentate, una è stata svolta per svelare il sistema di corruzione che ruota attorno al Cremlino, e un'altra la corruzione nell'economia politica dei media e dell'industria pubblicitaria ungheresi durante il secondo mandato di Orbán.

Con lo scopo di favorire la circolazione delle informazioni relative alla corruzione a livello locale e globale, un rappresentante di Transparency International ha presentato un nuovo database che traccia e raccoglie le informazioni provenienti da tutta Europa. La lotta alla corruzione, in questo modo, andrebbe ad agire a livello globale mantenendo, allo stesso tempo, uno sguardo attento alla realtà europea.

Anche il più bravo osservatore, però, per svolgere il proprio lavoro necessita di un sistema di informazione che sia trasparente e accessibile. A questo scopo, con alcuni interventi si è cercato di spiegare le procedure del cosiddetto wobbing dell'Unione Europea, vale a dire l'accesso ai documenti previsto dalla legislazione relativa alla libertà di informazione.

La stessa Unione Europea è spesso oggetto delle attenzioni dei giornalisti: con i due database EU Open Data Portal ed EU Integrity Watch è più semplice notare le anomalie, anche se rimane difficile riuscire a prevenire la crescita del livello di corruzione. Una delle inchieste di maggiore effetto è stata quella svolta da Harald Schumann e raccontata nel documentario “Macht Ohne Kontrolle” (potere senza controllo), dedicata al sistema di azione e alle politiche della troika.

La parentesi relativa alla necessità di trasparenza delle istituzioni europee è stata occasione per ribadire l'importanza di una rete di giornalisti che sia transnazionale, in modo che, oltrepassando i confini dei singoli stati si possa avere una maggiore efficacia nello svelare storie e scandali.

La difficoltà di raccogliere le informazioni, però, non è l'unica che i giornalisti incontrano nel loro lavoro. Un ulteriore profilo riguarda la necessità di reperire fonti attendibili. Durante il DataHarvest si è quindi parlato di come rapportarsi con gli informatori, che ai fini di un'inchiesta efficace devono essere sicuri: da un lato infatti devono essere certi, portatori di informazioni veritiere e verificabili, dall'altro hanno bisogno di un'adeguata protezione da eventuali minacce. Allo stesso tempo sono state considerate le fonti provenienti da dati rintracciabili nel web, maggiormente possibili oggi grazie a un processo di digitalizzazione che ha avuto un grande impatto sul giornalismo. Anche queste ultime hanno i loro vantaggi e svantaggi, alcuni dei quali oggetto di discussione e attenzione durante i giorni di conferenza.

Gli organizzatori dell'evento hanno colto inoltre l'occasione per presentare il nuovo progetto di Journalismfund.eu, Connecting Continents, nato con l'obiettivo di indagare flussi di denaro e amministrazioni in Africa e in Europa. Il programma, quindi, fornisce incentivi finanziari a team che abbiano al loro interno almeno un giornalista europeo e uno subsahariano.

Nella sessione dedicata alla libertà di espressione è stato presentato anche un altro progetto, lo European Centre for Press and Media Freedom (ECPMF), promosso dalla Media Stiftung di Lipsia con la partecipazione di Osservatorio Balcani e Caucaso, Ossigeno per l'Informazione, Journalismfund.eu, Seemo e Insitute of European Media Law (EMR).

I tre giorni del DataHarvest hanno offerto ai partecipanti nuove idee, la possibilità di confrontarsi e discutere in proposito a questioni centrali del giornalismo d'inchiesta. L'attenzione dedicata alla condivisione di esperienze significative e indici di innovazione è stata il risultato di uno sguardo posato sul presente, ma allo stesso tempo volto al futuro. Oltre ad essere stato luogo di scambio di informazioni e metodi, quindi, il DataHarvest ha rappresentato un'opportunità per iniziare a tessere la rete di un giornalismo sempre più globale e senza confini.

Questa pubblicazione è stata prodotta nell'ambito del progetto European Centre for Press and Media Freedom, cofinanziato dalla Commissione europea. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso e non riflette in alcun modo l'opinione dell'Unione Europea. Vai alla pagina del progetto