Giorgio Romagnoni 27 novembre 2014

Un viaggio a Bruxelles, ma non solo. Il progetto “Essere in Europa” ha fatto affrontare ad un gruppo di studenti trentini temi ambientali, questioni legate alla frontiere ed infine i ragazzi hanno pure inventato dei personaggi per ripercorrere la storia del Novecento europeo

Quando il Servizio Europa (attraverso il Centro di Documentazione Europea con la collaborazione di Europe Direct Trentino), con l’Ufficio giovani e servizio civile della Provincia autonoma di Trento e la partecipazione del Movimento Punto Europa, hanno scelto di dar vita al progetto “Essere in Europa” hanno progettato non solo un viaggio a Bruxelles presso le istituzioni europee; ma hanno anche pensato ad un modo per trasformare i 40 studenti da partecipanti a veri e propri protagonisti di un dibattito sul futuro dell'Unione europea.

Ecco perché prima di partire alla volta di Bruxelles verso il Belgio, il progetto si è concentrato sulla formazione attraverso un ciclo di quattro incontri: da una parte, si intendeva fornire delle basi per affrontare con spirito critico le visite e gli incontri programmati per il viaggio; dall'altra, si è preferitoscelto di intraprendere una strada interattiva per ragionare fin da subito sullaquale sarà la forma di “restituzione” alla cittadinanza, una volta ritornati a casa. Con “restituzione” si intende una fase tipica della progettazione: i ragazzi alla fine dell'esperienza rielaborano quanto hanno vissuto diventando a loro volta moltiplicatori di informazioni e conoscenze per contagiare la cittadinanza attraverso mostre, diari, spettacoli teatrali. Vedremo cosa verrà fuori dalla fantasia di questi studenti.

 

Ma l'immaginazione è stata al centro anche dell'ultimo incontro prima della partenza, quando i ragazzi del liceo “Galilei”, quelli dell'Istituto “Tambosi-Battisti” assieme ad altri giovani universitari selezionati attraverso un Bando, e gli studenti selezionati dell'Università di Trento hanno parlato di frontiere d'Europa, del grande tema ambientale e dei 100 anni di storia europea, che ci siamo lasciati alle spalle.

Per quest'ultima attività si partiva da una particolarità: chi oggi frequenta gli ultimi anni delle superiori o i primi anni di università ha esattamente cento anni di differenza rispetto ai loro bisnonni, che nel 1914 o nel 1915 sono stati costretti a partire per il fronte. Questa coincidenza stimolava a intraprendere un gioco un po' particolare: si trattava di creare un avatar, o un alter-ego, nato nel 1896 anziché nel 1996, e di inventarne la storia personale ambientandola nel contesto storico del Novecento.

Per rendere più interessante l'intera faccenda e colorare di tinte europee la storia di ciascun personaggio, le schede dei loro profili avevano già segnate come caratteristiche prefissate sia il genere sia le città natali: Roma, Parigi, Londra, Berlino e Sarajevo. Così la classica introduzione delle vecchie barzellette “ci sono un italiano, un francese, un tedesco...” è diventata invece la prefazione di 9 storie diverse. Ciascun profilo partiva dalla fantasia di un gruppo di tre ragazzi ma i personaggi si sono poi dovuti scontrare con la dura realtà di ciò che è realmente accaduto.

Si è partiti dallo scrivere una pagina di diario durante la Prima guerra mondiale: la giovane cameriera inglese Mary Johnson si è ritrovata a dover fare i conti con il marito partito volontario verso La Somme e lo stesso destino è toccato alla coetanea di Roma, una ipotetica Federica Baldi. La seconda tappa era il 1936; di fronte ad una cartina europea colorata di nero per via dei totalitarismi, i ragazzi sono stati molto realisti: il loro cittadino italiano si è scoperto fascista come la maggioranza dei suoi connazionali dell'epoca; un povero minatore francese respirava invece l'imminenza di una nuova catastrofe bellica ben ricordandosi la prima guerra, quando era a Verdun. Durante il secondo conflitto mondiale, un ebreo tedesco fuggito in Inghilterra veniva inseguito dalle disgrazie finendo nella Londra bombardata dalla Luftwaffe, mentre la giornalista parigina andava invece a documentare lo sbarco in Normandia.

I ragazzi si sono poi ritrovati a ragionare sul pensiero di Adenauer, Schuman e De Gasperi, padri fondatori dell'Europa e protagonisti di una tappa del progetto attraverso una visita alla loro casa. Ma che ne era della cittadina tedesca, che era sopravvissuta nella Berlino distrutta dalla guerra? Nel 1963, viveva all'ombra del Muro e di un altro regime, quello della DDR.

Chi si è trovato più di fronte alle difficoltà sono stati però i ragazzi che dovevano fare i conti con personaggi nati a Sarajevo. Nel 1896, erano nati come sudditi dell'Impero Ottomano? No, dai tempi del Congresso di Berlino la Bosnia era sotto l'Austria-Ungheria, ma solo quando i protagonisti compirono 11 anni essa fu davvero annessa all'Impero di Francesco Giuseppe. L'inventato Vlad Babic si scoprì nazionalista durante la Grande Guerra e nella Seconda Guerra Mondiale queste convinzioni lo fecero finire in un campo di prigionia di Tito. Vanja invece viene uccisa a Sarajevo nel 1992: suona beffardo pensare che poco prima, proprio in quell'anno, veniva firmato il trattato di Maastricht, che istituiva l'Unione Europea.

Questi personaggi inventati sono molto realistici: le loro pagine di diario sembrano tratte dalle lettere dal fronte o dalle agende lasciate in un cassetto da qualche anziana signora. Cosa ne facciamo della loro eredità nell'Europa di oggi? A che punto siamo? Questi studenti che stanno partendo verso il Parlamento Europeo sembrano voler dire una cosa: esiste una storia comune. Da essa può nascere una collettività: per ora “ci sono un italiano, un inglese, un tedesco, un francese”, e speriamo che ci sia presto anche un bosniaco.