Presidente della Comunità croata di Trieste e amministratore delegato della società Unitech, attiva dal 1975 nella fornitura di servizi alle imprese italiane ed estere. Nasce nel 1954 a Buenos Aires da genitori croati, dove trascorre i primi nove anni per poi trasferirsi a Trieste con la famiglia definita dallo stesso Murković "molto numerosa". Ha viaggiato per i vari continenti, ma ama definirsi europeo.

27/04/2010 -  Daniele Scarpa

Da Buenos Aires a Trieste

Avevo nove anni quando da Buenos Aires mi sono trasferito a Trieste. I miei genitori erano emigranti originari della Croazia. Quando poi dall’Argentina ci siamo trasferiti a Trieste, non ho avuto alcuno shock se non quello puramente meteorologico: il 1963 fu uno degli anni più tremendi, Trieste piena di neve ci accolse con la bora.

Identità a confronto

In Argentina la mia famiglia era molto aperta: pur avendoci inculcato l’amore per la patria di origine, ci ha anche fatto amare tutte le persone, di qualsiasi nazionalità, che passavano a casa nostra. La casa era un porto di mare, e la mia famiglia numerosa. Mi sento nel contempo croato, cittadino italiano e cittadino del mondo.

La Comunità croata di Trieste

La Comunità croata nasce da un lungo periodo di assenza dei croati sul piano istituzionale che coincide con la fine della prima guerra mondiale e l’inizio degli anni ’90. Nel 1992, con la nascita della Repubblica di Croazia, uno dei primi consolati aperti è stato quello di Trieste. Grazie alla console per gli affari culturali, Nada Ružić, c’è stata una ricca offerta culturale che ha permesso di farci conoscere. In città, tra noi croati, vi erano pochi contatti; solo alcune famiglie si frequentavano. Negli anni ’80 mio padre decise di proporre al vescovo di Trieste, in collaborazione con la Conferenza Episcopale Jugoslava, una messa in lingua croata in città; così nel 1985 un gruppo di fedeli cominciò a riunirsi una volta al mese per la messa. Anche all’interno del Consolato abbiamo cominciato a frequentarci per poi arrivare, il 4 marzo 1999 a fondare la Comunità croata di Trieste. Io la chiamo una “comunità silente” che era presente ma non aveva voce e che ha preso forma a partire dalla presentazione ufficiale alla città. Sin dalla creazione dello Statuto, abbiamo previsto di esplicitare la nostra attività su cultura, incontri sociali e formazione linguistica. Non possiamo essere delle “ombre” che passano senza lasciare un segno: vogliamo tramandare la lingua e la cultura alle nuove generazioni.

Ostacoli

C'è una parte di popolazione della città che per anni, durante l’esistenza della Jugoslavia, non ha mai passato il confine forse per paura, per rifiuto o diffidenza, il che ci ha portato ad avere grossi problemi con questa parte di città che non ci vuole accettare come parte integrante; questa è la pagina più dolorosa che non riguarda soltanto noi, ma anche gli altri slavi, come gli sloveni, anch’essi presenti da moltissimo tempo in questa zona. Il mio auspicio è che con il tempo, le nuove generazioni siano meno influenzate da giudizi negativi.

Monografia “I croati a Trieste”

Un grande elemento di riconoscimento della nostra comunità è il libro “I croati a Trieste” che parla della nostra storia: è stato un lavoro di gruppo che ha coinvolto intellettuali e persone di grande preparazione culturale, che ci ha permesso di colmare un vuoto in quanto non c’era nulla di stampato sui croati a Trieste.

Come la roccia carsica

Mi piace definirmi “frutto di una miscela”. Una percentuale predominante croata e una parte italiana. Ho quasi sempre vissuto a Trieste, e mi sento triestino di adozione. Sono europeo grazie al mio essere croato ma sono croato perché appartengo a questo continente. Di recente l’autore Mladen Machiedo ha tenuto un incontro nella nostra sede, in cui ha messo in luce questa forte interdipendenza: io non posso dire che sono croato e basta o di essere solo triestino. Per questo mi piacciono Saba, Stuparić e quella generazione di scrittori che ha saputo cogliere questa peculiarità, dove lo slavo e l’italiano si uniscono, diventando un tutt’uno. Noi siamo come il Carso: una terra molto frammentata, dura, e quando si vuole piantare qualcosa, si deve fare fatica, ma alla fine quello che germoglia è qualcosa di forte, perché è frutto di venti che si incontrano e si amalgamano.

Lingua e cultura oggi per le future generazioni

Una sezione del libro affronta l’aspetto linguistico, prendendo come campione alcuni giovani. Dall'analisi si evince come la terza generazione abbia imparato la lingua dai genitori, presenti a Trieste già da anni. È un discorso di appartenenza di cui i ragazzi sono consapevoli; e sul piano culturale notano che c'è un qualcosa che li differenzia dagli altri. E ciò li pone su un livello culturalmente privilegiato perché hanno una dimensione bilingue che li arricchisce in termini di comunicazione; quando vanno in Croazia, gestiscono facilmente una conversazione e intrecciano relazioni con la gente del posto.

Giovedì Letterario” e coinvolgimento del pubblico triestino

Attraverso l'appuntamento del "Giovedì Letterario" diamo la possibilità agli italiani di essere presenti, ma purtroppo non ancora in maniera sufficiente e su questo dovremo lavorare ancora. A dire il vero, non abbiamo delle persone che si occupano solo delle comunicazioni, e a volte organizziamo delle iniziative molto interessanti, senza però riuscire a divulgarle a un numero più ampio di persone.


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