Imprenditrice triestina di madre zagabrese e padre friulano. Nasce nel 1960 a Zagabria e poco dopo si trasferisce a Trieste con la famiglia. Da sempre viaggia tra Trieste e la sua città di origine a cui si sente particolarmente legata, essendo "frutto di un amore misto". Insieme al fratello Stefano Boris, dirige la società di import export "Veca trading" grazie alla quale è sempre in contatto con i nostri vicini oltreconfine.

27/04/2010 -  Daniele Scarpa

Guardando a est

Io sono frutto di un amore misto. I miei genitori, nel lontano '59, si sono conosciuti a Zagabria, dove mia madre lavorava, e li ha portati in Italia il fatto che stavano bene insieme e... questa Caterina che arrivava! Io mi ci sono ritrovata, sono nata in questa ambivalenza. Perciò, per tutta la vita, ho un piede in una scarpa e uno in un'altra: cammino bene però, sono della stessa misura!

Non mi fanno sentire a disagio in nessuna cultura perché mia madre mi ha insegnato ad amare profondamente la Jugoslavia. Quando la gente chiedeva le mie origini, io rispondevo "Jugoslavia". E gli amici del posto mi dicevano: "Stai scherzando? Tu non sei jugoslava, sei croata".

Proprio allora mi sono resa conto che era ben radicato questo sentimento verso i singoli stati.

A questo punto non dico più che sono croata né jugoslava; dico che sono slava. Voltandomi ad est, sento comunque un qualcosa che mi lega. Sarà anche il fatto che mio padre, di origine friulana, era figlio adottivo, e per questo gli mancavano le origini. Lui ha imparato la lingua di mia madre, ha amato profondamente quella terra e quella cultura e le ha fatte proprie. Ecco perché io sento una cultura molto forte in me, anche se avevo solo due mesi quando sono venuta in Italia. Io sono cittadina italiana a tutti gli effetti, però c'è sempre quel qualcosa dentro il nostro cuore che non si può portare via. E questo ho cercato di trasmetterlo anche ai miei figli.

Storie di terre di origine

Oggi ci sono ancora molti esuli a Trieste che non si addentrano in Croazia perché, se tornassero là, il loro cuore sanguinerebbe: rivedrebbero la loro casa, le loro terre in mano ad altri e sarebbe per loro un grosso dolore. Questo io l’ho sempre rispettato come rispetto quel gruppo di persone che continuano ad amare la cultura di allora. Mi auguro che i loro figli recepiscano l’amore che i padri e i nonni avevano per quella terra e non l’odio per quelle popolazioni; perché parliamo di un’Europa che sta avanzando e di confini che devono essere solamente virtuali, che non dividano i luoghi e le persone.

Penso che questo sarà possibile perché le persone vanno volentieri in Istria, in Dalmazia; beh, non tutte ma deve ancora passare del tempo.

Ovviamente ogni storia è una storia personale. E la terra è di chi la possiede, di chi la coltiva, di chi la vive.

Riportare, poi, in quel Paese qualcosa anche della nostra intraprendenza, il nostro know-how, è un altro passo avanti. Noi come imprenditori abbiamo iniziato anche lì a fare qualcosa e calpestiamo quella terra quotidianamente perché siamo vicini.

Esperienze e rapporti con esuli istriani

Trieste ha dato a queste persone casa, lavoro, scuole per cui molti si sono fermati in questa città. Anche nella mia azienda lavorano figli di profughi istriani. Molti dei miei compagni di scuola erano esuli istriani, e la loro cultura mi era molto vicina, tangibile.

Sentire le loro storie per noi è quotidiano. E ogni volta che sento figli di istriani dire: “Come vorrebbe tornare mio padre a Rovigno, però gli si spezzerebbe il cuore”, io rispondo: “Torna tu a Rovigno... un giorno fai una sorpresa a tuo padre e portacelo. A tuo padre può far male, ma se a te non fa male, apri tu questa porta, vai a viverci da cittadino, da persona che quel luogo lo ama; va’ a vedere come si svolge la quotidianità, cosa hanno fatto quelli che sono rimasti”. Ma purtroppo ci sono ancora persone che voltano le spalle a est.

Cittadini d'Europa

Noi siamo forti delle nostre radici e per essere cittadini del mondo dobbiamo sapere da dove arriviamo e viverlo serenamente, camminare a testa alta.

Non vedo l’ora che l’Europa spiani i suoi confini in aree vicine come la Croazia.

Oggigiorno è importante considerarsi cittadini europei a tutti gli effetti e ben consapevoli delle singole bellissime diversità. Dobbiamo sapere chi siamo, che cosa siamo e, con le forze di tutti, riuscire a rinfrescare questo vecchio continente.

I Paesi emergenti sono vitali per dare nuova linfa all’Europa. E per farlo, bisogna quotidianamente chiedersi: “oggi cosa ho prodotto? Che cosa potrei fare domani?”.

Lingua e comunicazione per presente e futuro

Mio figlio più piccolo, Giacomo, a sei anni ha iniziato a imparare il croato grazie a un corso pomeridiano, e oggi è in grado di confrontarsi molto bene, e mi auguro che nella vita questo sia per lui un valore in più. Tutti noi diciamo che le lingue sono un grande valore, ma l’apertura mentale verso l’altro è un qualcosa di ancora più grande. Per cui se si vuole, la lingua si impara, ma se non si ha apertura mentale e si considera l’altro diverso o inferiore, non si riuscirà mai ad abbattere le barriere della comunicazione e ad accettare il diverso… anch’io sono diversa, siamo tutti diversi, siamo semplicemente abitanti di questo pianeta.


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