20 novembre 2008

Quando la propaganda dell'odio da delitto comune di opinione diviene crimine internazionale? Se ne parla a Trento in un seminario, a partire da due processi affrontati dal Tribunale penale internazionale

Fonte: Facoltà di Giurisprudenza dell'Università degli Studi di Trento

La propaganda dell'odio e i media attraverso cui essa può essere fatta costituiscono da sempre, nell'ambito dei fenomeni criminosi di massa e su larga scala, strumenti potenti per diffondere, alimentare e realizzare queste pratiche atroci.

La propaganda dell'odio è ancor più pericolosa se a pronunciare questi discorsi e queste parole sono persone con un livello più elevato di istruzione rispetto al resto della popolazione, che padroneggiano la parola, la retorica e conoscono il loro uditorio: come ricorda Jacques Sémelin, riportando le parole di una sopravvissuta al genocidio ruandese, "l'istruzione non rende l'uomo migliore, lo rende più efficace".

A partire dal ruolo dei media (sempre più rilevante nella società attuale) e dal ruolo che nella storia hanno avuto alcune personalità nei sistemi di propaganda per la commissione dei crimini di massa, il seminario di studio che si svolge a Trento il prossimo 25 novembre presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'Università degli Studi di Trento, si propone di sviluppare una riflessione e una discussione su queste tematiche e, più in generale, sui limiti che il diritto penale può porre alla libera manifestazione del pensiero, diritto fondamentale, ma non assoluto.

A questo fine sono stati scelti due casi paradigmatici: il processo a Ferdinand Nahimana, conclusosi nel gennaio 2008 davanti al Tribunale penale internazionale per il Ruanda, e il processo a Vojislav Seselj, giudicato attualmente dal Tribunale penale internazionale per la ex-Jugoslavia.

Entrambi professori universitari. Entrambi dinanzi a Tribunali penali internazionali competenti a giudicare crimini gravissimi. Entrambi accusati anche per crimini di opinione. Il primo, Ferdinand Nahimana, ruandese e di formazione universitaria francese, professore di storia all'Università e poi co-fondatore della Radio Televisione Libera delle Mille Colline è stato processato anche per l'attività di propaganda ai danni dei Tutsi e degli Hutu moderati svolta proprio attraverso le trasmissioni radio.
Il secondo, Vojislav Seselj, serbo, leader politico del Partito Radicale Serbo e professore presso l'Università di Sarajevo, è imputato davanti al Tribunale per la ex-Jugoslavia, tra l'altro, anche per la sua attività di propaganda discriminatoria nei confronti delle popolazioni croata e bosniaco-musulmana svolta attraverso comizi pubblici.

Lo studio dei due processi permetterà di considerare la rilevanza della propaganda dell'odio dalla prospettiva del diritto penale internazionale. La riflessione e la discussione durante il seminario seguiranno un movimento di "ingrandimento graduale". Innanzi tutto si cercherà di individuare non solo quando la parola diventa illecita, ma anche quando la propaganda dell'odio da delitto comune di opinione diviene crimine internazionale. In seconda battuta, si cercheranno di valutare le opzioni di criminalizzazione internazionale della condotta in esame, distinguendo le ipotesi in cui quest'ultima può rilevare come condotta accessoria o come crimine autonomo.

Si veda il programma dettagliato nella sezione appuntamenti.