9 marzo 2012
In gabbia, foto di Mora

Due fratelli di genitori bosniaci nati e cresciuti a Sassuolo sono rinchiusi nel Cie di Modena perché i genitori, perso il lavoro, si sono ritrovati senza permesso di soggiorno. Diverse associazioni hanno scritto una petizione per la loro liberazione e il 12 marzo manifesteranno a Modena

Fonte: Bologna 2000

Elaborazione di Osservatorio Balcani e Caucaso

Andrea e Senad S., fratelli di 23 e 24 anni di origine bosniaca ma nati e cresciuti a Sassuolo, da circa un mese sono trattenuti al Centro di Identificazione ed Espulsione di Modena dopo che i genitori hanno perso il lavoro e si sono ritrovati senza permesso di soggiorno. Lunedì 12 marzo davanti alla sede del Giudice di Pace di Modena (ore 8.30, via San Pietro) si terrà una manifestazione a cui aderiscono diverse associazioni, che si stanno mobilitando per far uscire dal Cie Andrea e Senad, ma soprattutto, per la loro regolarizzazione.

Andrea e Senad si sono rivolti anche al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.“Siamo nati e vissuti sempre in Italia – scrivono Andrea e Senad -. Sebbene i nostri genitori non abbiamo ottenuto il rinnovo del permesso di soggiorno perché attualmente disoccupati, ci sentiamo profondamente italiani: abbiamo frequentato le scuole dell’obbligo in Italia, conosciamo usi e costumi italiani e tifiamo il Sassuolo Calcio – scrivono i due giovani in una lettera indirizzata alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo e al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano -. In questa specie di carcere ci chiamano ‘ospiti’, ma noi non siamo né ospiti, né intrusi - proseguno nella lettera-. Siamo bloccati al Cie, a spese dei contribuenti, in attesa di un provvedimento che non potrà mai essere eseguito… L’assurdità della nostra storia è che non possiamo essere espulsi perchè la Bosnia non sa neanche chi siamo -. Effettivamente, se le autorità italiane volessero espellerli, non ci sarebbe alcun paese estero a cui consegnarli. Questo perché i genitori non li hanno mai registrati all’ambasciata bosniaca  e loro non sono mai usciti dall’Italia.

Luciano Vecchi e Palma Costi (consiglieri regionali modenesi del Partito Democratico) hanno depositato ieri mattina all’Assemblea Legislativa dell’Emilia-Romagna un'interrogazione urgente con la quale si sottolinea l’assurdità della condizione di detenzione presso il CIE dei due fratelli sassolesi Andrea e Senad e si richiede al sistema istituzionale di mettere in atto tutte le azioni possibili per pervenire alla loro immediata liberazione.

La Cgil e il Centro Lavoratori stranieri Cls/Cgil hanno reso pubblica la propria adesione alla mobilitazione di lunedì 12 marzo a sostegno della regolarizzazione di Andrea e Senad, il cui caso, testimonia, come tanti altri, della necessità di rivedere in senso inclusivo le norme sulla cittadinanza italiana, fondandole finalmente sullo “ius soli”.

Infatti i due fratelli, figli di genitori bosniaci, benché nati in Italia dove hanno frequentato regolarmente gli studi, si trovano adesso in una condizione di irregolarità amministrativa in conseguenza della perdita di lavoro dei genitori e della conseguente perdita del permesso di soggiorno. Non essendo mai stati naturalizzati entro la maggiore età all’ambasciata bosniaca, i ragazzi (di 23 e 24 anni) si trovano nella condizione in cui né il paese di nascita (l’Italia) né in quello di origine dei genitori (Bosnia), li riconoscono come propri cittadini. In questo limbo, da febbraio sono rinchiusi al Cie in attesa della sentenza del Giudice di Pace in merito al ricorso del loro legale contro la reclusione.

I ragazzi stanno subendo una discriminazione, un caso di razzismo istituzionale, per il mancato riconoscimento dello “ius soli”. Proprio per una revisione delle norme sulla cittadinanza e per il riconoscimento della stessa non più legata alla regola dello ius sanguinis, ma allo ius soli, è stata messa in campo una vasta campagna di sensibilizzazione da parte del Comitato nazionale “L’Italia sono anch’io”. Il 6 marzo il Comitato (promosso tra gli altri dalla Cgil) ha consegnato alla Camera dei Deputati due proposte di legge (su cittadinanza e diritto di voto amministrato) sostenute ognuna da oltre 105.000 firme, un risultato ben oltre le 50.000 firme necessarie.

Anche Modena ha dato il proprio importante contributo grazie alla sensibilità espressa da molti cittadini che hanno condiviso le proposte di legge del Comitato nei sei mesi della campagna, con ben 7.168 firme.