20 novembre 2013
La guerra ha terminado, foto di r2hox - Flickr.com.jpg

I casi dell’ex Jugoslavia, dell’Afghanistan, dell’Iraq, della Somalia, del Sudan, del Libano, fino ai più recenti della Libia, del Mali, della Siria, hanno lasciato aperti molti punti interrogativi: a cosa serve l’aiuto umanitario? Un convegno a Roma, organizzato da Intersos e Rete Link 2007

Fonte: Europuglia

I casi dell’ex Jugoslavia, dell’Afghanistan, dell’Iraq, della Somalia, del Sudan, del Libano, fino ai più recenti della Libia, del Mali, della Siria, hanno lasciato aperti molti punti interrogativi: a cosa serve l’aiuto umanitario? Rischia forse di tradursi in alibi per l’impotenza della politica e della comunità internazionale? Viene usato strumentalmente dagli Stati? Rischia di alimentare i conflitti?  Cosa ne pensano le persone e le comunità afflitte da crisi ed emergenze?

Le emergenze umanitarie causate da conflitti armati, rivolte sociali e politiche, oppressioni, persecuzioni, si sono moltiplicate e colpiscono milioni di persone costrette a vivere nella paura o a fuggire in luoghi più sicuri. La risposta umanitaria e solidaristica ai bisogni di chi rimane sotto assedio e di chi deve abbandonare tutto è troppo spesso l’unica iniziativa che la comunità internazionale riesce ad assicurare, grazie all’impegno delle organizzazioni umanitarie.

L’iniziativa politica per prevenire, contenere, risolvere le controversie prima che si trasformino in crisi devastanti sembra essersi rattrappita. Gli ultimi venti anni, in particolare, confermano una generale perdita di peso e di capacità di agire della politica. Gli stati paiono esitare o assumono posizioni legate ai propri interessi e alle proprie convenienze più che alla volontà di contribuire alla soluzione dei problemi. Le Istituzioni internazionali, e non di rado la stessa Unione Europea, rimangono paralizzate e talvolta sono costrette ad avallare decisioni unilaterali, spesso a carattere militare, decise al loro esterno. Anche l’enfasi data all’intervento militare serve talvolta a coprire le insufficienze della politica e la mancanza di visioni di lungo respiro.

Viste dall’interno, le crisi impongono una rinnovata adesione ai principi umanitari di neutralità, di imparzialità e di indipendenza degli aiuti e di chi vi provvede. Non ci sono vittime buone e vittime cattive, ma persone che soffrono e che quasi sempre, prima del conflitto, convivevano e coabitavano. In questi contesti vi sono espressioni della società civile - non sufficientemente considerata dai decisori internazionali - che se sostenute e rafforzate potrebbero contribuire al ritrovamento di canali di dialogo e di pacificazione.Le crisi più gravi sono quelle dimenticate dai media. Le distruzioni e le morti “non fanno notizia” quando non ci toccano perché lontane. Mentre dovrebbe essere ancora più sentito il dovere di raccontarle.

L’ex Jugoslavia, l’Afghanistan, l’Iraq, il Corno d’Africa, il Sudan, il Libano, la Libia, il Mali, la Siria sono solo alcune delle crisi che le organizzazioni umanitarie italiane hanno seguito e direttamente vissuto, ancor prima dello scoppio dei conflitti, suonando campanelli d’allarme ma rimanendo spesso inascoltate. Diventa necessaria una maggiore consapevolezza e un adeguato riconoscimento delle competenze, delle forze e dei ruoli che possono essere messi in campo, valorizzando in particolare gli attori presenti nelle aree di crisi, salvaguardando l’indipendenza delle organizzazioni umanitarie ma creando ogni sinergia possibile per il migliore impatto e i migliori risultati in termini di aiuti e di rafforzamento dei fili di dialogo politico.

L’attualità della crisi siriana e delle morti nel Mediterraneo hanno sollecitato Intersos, forte dei vent’anni di presenza umanitaria nelle crisi, e la Rete Link 2007 a riprendere la riflessione e l’approfondimento con le altre Ong e con quanti cercano risposte ai tanti interrogativi. Il convegno cercherà di toccare diversi temi: le carenze della politica di fronte alle crisi; la realtà delle crisi vista dall’interno; l’imperativo umanitario nelle situazioni di conflitto; il ruolo delle Ong tra fedeltà ai principi umanitari e sinergie con gli altri attori; potenzialità e limiti dello strumento militare; il dovere di raccontare le crisi umanitarie.

A discuterne, giovedì 21 novembre 2013 a Roma, nell’Auditorium di Via Rieti (ore 9,15 - 13,45), ci saranno: Nino Sergi, presidente Intersos;  Lapo Pistelli, Viceministro degli Affari esteri; Fabrizio Battistelli, Dipartimento Scienze Sociali ed Economiche Università Sapienza e Archivio Disarmo, Roma;  Antonio Donini, Tufts University Medford, Massachusetts e Istituto Alti Studi Internazionali, Ginevra; Lucio Melandri, Unicef Giordania; Marco Rotelli, Segretario Generale Intersos; Paolo Dieci, presidente Link 2007 – Cooperazione in Rete.

A chiusura del convegno, brevi testimonianze sui venti anni di Intersos, con Amedeo Piva, Socio fondatore; Matteo Zuppi, Vescovo ausiliario per Roma-Centro; Elisabetta Belloni, Direttore Generale, Ministero Affari Esteri.

Ai partecipanti sarà offerto il libro di Sonia Grieco “Abbiamo stretto molte mani. Venti anni nelle emergenze umanitarie” edito da Carocci con Intersos, ottobre 2013.